Quante volte sentiamo parlare della cultura come di “un lusso per pochi”, “un privilegio”, o peggio “un bene secondario”? A maggior ragione quando si sente parlare del Teatro La Scala e della Prima, tradizionalmente riservata a poche persone.
Un plauso allora va all’iniziativa “Violetta in città” che permette a molte persone in tanti luoghi della città di Milano di assistere a quello che senza dubbio è una delle opere più belle ed emozionanti della nostro repertorio operistico, scritto dal compositore che più ci ha rappresentato nella storia e di cui celebriamo quest’anno il bicentenario dalla nascita.
Sicuramente lo spazio in cui ci troviamo questa sera, il Carcere di San Vittore, è il più significativo e simbolico tra tutti i luoghi scelti per trasmettere questo spettacolo: uno spazio che viene associato alla privazione e alla situazione drammatica in cui si trovano molte persone e in cui versano molte delle nostre strutture di reclusione, uno spazio per lo più connotato con la sofferenza dei detenuti e delle loro famiglie.
La parola Cultura assume, in contesti come questo, il suo valore e il suo significato più ampio e pieno: cultura dell’integrazione e del rispetto, ma anche cultura come speranza e opportunità di rilancio. Perché solo attraverso la cultura si possono pensare e progettare percorsi di reinserimento e di rieducazione efficaci, e sempre la cultura può essere una se non la chiave fondamentale per dare futuro e speranza a chi ha perso fiducia in sé stesso e nel proprio valore per la società.
Questa occasione, nella quale la Cultura e il mondo della cultura entrano dentro il carcere e dentro la sua realtà, deve diventare allora un momento di conoscenza e di apertura per chi vive al di là di queste mura, ma soprattutto deve diventare un simbolo di quanto può e deve essere fatto per ridare dignità e creare strumenti di aggregazione e di condivisione per i detenuti.
La Cultura, che nel nostro paese ha sempre avuto un ruolo fondamentale, in tutte le sue forme, sappia allora rispondere all’appello che lanciamo da qui oggi: un appello di solidarietà e di coscienza, di impegno sociale e civile, di speranza e di apertura verso chi si trova in difficoltà e chi soffre.
Se tutelare e offrire spazi di riscatto e di reinserimento a chi è nelle mani dello Stato è un dovere del nostro Paese, il dovere della cultura e delle istituzioni culturali, Ministero su tutti, è quello di individuare e favorire una strada per riavvicinare chi si trova in stato di detenzione o di svantaggio al bene comune e alla speranza di un futuro migliore.
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