Se il Governo e quindi l’Italia supereranno le attuali turbolenze politiche, dovute ad egoismi, miopia e particolarismi di ogni genere, il prossimo appuntamento di fronte a noi sarà la legge di stabilità. Lungi dall’essere un appuntamento con il patibolo – come troppo spesso viene interpretato e vissuto – si tratta invece di un’opportunità. Da non perdere.
L’Italia è un grande paese: ha enormi risorse, civiche ed anche economiche, in passato sprecate. Per molto, troppo tempo siamo stati privi di una direzione, di una strategia verso la quale puntare per costruire un Paese competitivo e solidale, moderno ed efficiente, europeo ma capace di valorizzare la propria identità culturale.
Il problema è, dunque, innanzitutto la crisi antica delle nostre classi dirigenti: politiche, ma anche economiche, imprenditoriali, intellettuali.
Essa è cominciata con la fine della Guerra Fredda e la conseguente fine della rendita di posizione di paese al confine orientale cruciale per l’Occidente, a cui poteva perdonarsi qualunque vizio civico e politico purché presidiasse la frontiera con il Nemico. Con l’Euro, poi – e per fortuna – è finita anche la rendita di posizione delle svalutazioni competitive della nostra liretta. Di fronte a questi cambiamenti epocali, politici ma amplificati poi dalla globalizzazione economica e delle comunicazioni, che hanno creato una sfera pubblica globale, le classi dirigenti italiane si sono ritratte. C’è chi ha pensato solo al proprio patrimonio, chi ai propri interessi particolari, chi come la politica ha privilegiato la lottizzazione alla competizione.
Abbiamo ora l’occasione di girare pagina. l’Italia da quasi due anni è governata da una Grande Coalizione. e sebbene tutti vogliano rimuoverlo, per la prima volta questo paese – grazie anche al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano – in questo modo si sta “europeizzando”. La legge di stabilità è quindi un’occasione per proseguire sul piano programmatico questo decisivo sforzo politico-culturale anche e soprattutto elaborando una diversa lista di priorità per la tutela del bene comune: a saldi invariati, si può spendere non di più ma in modo diverso. Soprattutto vale questo principio per i Ministeri. Puntare su un attacco a tre punte – istruzione, ricerca di base e applicata, e tutela e valorizzazione dei beni culturali – ci permetterà di vincere la sfida di un diverso modello di uscita dalla crisi. Lo stesso che ha adottato Obama nel momento più nero dell’economia americana.
I beni culturali, da questo punto di vista, sono probabilmente la chiave di volta. Talmente ricco è il nostro giacimento in termini artistici e architettonici e naturalistici, che non metterlo a frutto pur nel rispetto di un principio di tutela, come volano per un rilancio del nostro paese al centro dei grandi flussi europei e mondiali di persone, di investimenti e di insediamenti sarebbe un secondo errore. Dopo quello della confusione e smarrimento seguiti alla Fine della Guerra Fredda, un errore imperdonabile che ci renderebbe marginali non solo nel contesto europeo.
La legge di stabilità ci permetterà dunque, se non vissuta come il solito “assalto alla diligenza” da parte di interessi di parte o di area, di elaborare un modello che allo stesso tempo punti sul futuro come modo per avere sia sviluppo sia maggiore equità sociale. Perché finora la crisi l’hanno soprattutto sostenuta i ceti più svantaggiati. Dobbiamo esserne tutti consapevoli ed essere tutti pronti ad uno sforzo commisurato alle proprie possibilità sia esso l’esenzione dall’Imu solo per i ceti deboli e medi, e non per le case di lusso – escluse quelle che fanno parte del patrimonio monumentale e storico- oppure l’istituzione di una patrimoniale di scopo devoluta al rilancio dell’economia del terzo settore e della cultura che impiega oltre due milioni di persone.
Pretendere sacrifici senza spiegare in quale direzione si vuole portare il Paese sarebbe il ripetere di un errore questa volta fatale: la legge di stabilità va vissuta e preparata con un senso di responsabilità che rispecchi la gravità e l’eccezionalità del momento che viviamo.
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