Un nuovo paradigma: la sfida possibile per ripartire dalla Bellezza
Niente sarà come prima, tutto tornerà come prima: sono questi i due estremi tra i quali oscillano le opinioni dei commentatori, più o meno qualificati, che cercano di prevedere il nostro futuro. La pandemia ha minato molte certezze e con la sua gravità ha voluto sottolineare che siamo tutti a rischio, in qualunque parte del mondo ci si trovi. Abbiamo molte armi per difenderci, ci sono date dalla scienza, dalle buone abitudini diventate ormai quotidiane e dall’informazione costante e diffusa. Abbiamo anche la possibilità di riflettere su errori del passato che, se corretti, ci aiuterebbero a ricostruire un Paese migliore.
Il turismo dei grandi numeri aveva mostrato negli ultimi anni molte crepe: le città d’arte più famose nel mondo snaturate da numeri esorbitanti di visitatori, le immagini delle grandi navi nel Bacino di San Marco hanno fatto il giro del mondo, i Sindaci dei luoghi più celebri lanciavano grida di allarme sulla tenuta dei loro territori. La tempesta del Covid-19 ha completamente fermato i motori di un industria che rappresenta una percentuale molto importante del PIL nazionale. La riapertura è timida, molti operatori pensano di non poter più affrontare le difficoltà di un mercato di colpo azzerato. E’ possibile pensare di ripartire con un nuovo paradigma che abbia l’obbiettivo di garantire uno sviluppo più sostenibile.
L’Italia dei borghi, dei paesaggi, dei monumenti meno noti, l’Italia dei mille festival che riempiono le serate estive con proposte culturali che meriterebbero sostegno per la loro qualità e non per logiche di clientele locali. L’Italia dei cammini, del turismo naturalistico e religioso e di quello legato alla scoperta dell’immenso e diffuso patrimonio artistico e archeologico che sono tuttora, salvo rare eccezioni, indicati in modo casuale e poco promossi perché magari attraversano più regioni che comunicano poco fra di loro. L’Italia unica per l’infinita varietà di linguaggi culturali che la attraversano da nord a sud, da est a ovest creando continui miracoli di bellezza e della quale abbiamo fino ad ora promosso solo una piccolissima parte.
Un’Italia ancora sconosciuta agli stessi Italiani nonostante lo sforzo di molte istituzioni come il FAI (Fondo ambiente Italiano) per promuoverla. Questa Italia se fosse centrale in una visione che la tuteli e nel contempo la valorizzi potrebbe essere la culla di quella ripartenza nuova che permetterebbe non solo al Paese di essere migliore, ma anche alle comunità che lo abitano di trarre un beneficio diretto da uno sviluppo diffuso.
Ci sono aree colpite dal terremoto tra Umbria, Marche, Lazio e Abruzzo ancora piagate, in molti casi , dalla presenza di macerie non rimosse, luoghi che hanno disperatamente bisogno di essere integrati in un progetto per la ripartenza che vada oltre la ricostruzione degli edifici necessari per la vita delle comunità. Sono aree interne, assolutamente sconosciute, ma ricchissime di natura e d’arte. La loro valorizzazione sarebbe di fondamentale aiuto per garantirne il futuro. Ci sono regioni del Sud in affanno perché l’industria manifatturiera ha subito la pesante concorrenza di paesi lontani, stupefacenti per la loro varietà e ancora totalmente sconosciute all’estero.
Ripartire dalla Bellezza non è solo uno slogan vuoto: è un vero e proprio obbiettivo che dovrebbe vedere impegnate le istituzioni locali e nazionali, per il quale l’alleanza tra pubblico e privato dovrebbe essere sostenuta e l’accesso ai fondi europei facilitato assistendo le regioni con competenze specifiche. Una ripartenza che sappia guardare oltre l’emergenza e portare in Italia visitatori nuovi la cui permanenza media superi le attuali 3,5 notti e la cui ricaduta positiva riguarderebbe tutto il Paese contribuendo anche a decongestionare le mete più conosciute.