PETROLIO, PARMIGIANO E PARMIGIANINO

26 01 2017 | Cultura

Non ho mai amato l’espressione in voga fino a qualche tempo fa, che faceva del petrolio il termine di paragone privilegiato per indicare un settore economico di successo. L’espressione “la cultura è il petrolio dell’Italia” dava infatti il senso di un ripiego – visto che non abbiamo il petrolio, la “vera ricchezza”, allora contentiamoci con la cultura – oltre che di una mentalità industriale piegata sul fossile (nel senso di minerale) più che sull’innovazione. Non userò dunque questa espressione bensì quella di una più semplice e meno metaforica soddisfazione per commentare gli ottimi dati sulla forza economica e la ricchezza che nel 2015 l’industria culturale italiana ha prodotto in questo grande paese, con una crescita del 2.4% dei ricavi e un aumento dell’1,7% dei posti di lavoro rispetto all’anno precedente. Il valore complessivo dell’industria della creatività italiana nel 2015 è stato infatti di 47.9 miliardi di euro, pari al 2.96% del Pil. Gli occupati sono oltre un milione, circa il 4.6% della forza lavoro italiana. Il valore potenziale del settore è di 72 miliardi di euro, con un valore inespresso di 24 miliardi di euro. 

L’Italia è dunque un grande Paese, per tante ragioni anche storiche. Legate soprattutto ai caratteri e all’identità della nazione italiana. Ma lo è anche economicamente proprio perché non è legato ad una monocultura, che siano gli idrocarburi oppure l’agroalimentare, di cui comunque mena giustamente vanto con i suoi prodotti di eccellenza conosciuti in tutto il mondo.

Lo è perché può dispiegare ancora molti settori di eccellenza. Tra cui quello del comparto culturale. Un settore dove è competitiva nel mondo non solo per l’impareggiabile consistenza del suo patrimonio storico-artistico. Ciò infatti non basterebbe in un mondo globale dove qualunque settore se non punta sulla continua innovazione rischia di essere escluso dalle grandi rotte dei flussi mondiali. L’Italia è competitiva perché innova “anche” in questo settore. L’ho potuto vedere di persona oggi, partecipando alla presentazione del programma del MAXXI – il museo nazionale per le arti del XXI con sede a Roma – per il 2017. Un calendario che in condizioni certo non semplici, racconta di un progetto in espansione quantitativa, e che lo fa puntando sull’innovazione qualitativa e sulle frontiere del digitale. Stando così dentro, in modo moderno e costruttivo, un ben più complesso dibattito sul ruolo e la funzione del Museo oggi, aperto in tutto il mondo. Dando una sua versione del rapporto tra tradizione e innovazione. E di cui, al mondo, l’Italia offre un esempio di via da percorrere. Non solo con il MAXXI, ma anche con una riforma che punta sulla capacità di valorizzare in modo non più centralistico il nostro “museo diffuso”, pieno di capolavori che il mondo ci invidia. Tutto ciò è e deve essere motivo di orgoglio non per sottovalutare i problemi che derivano dalla gestione di tali ricchezze ma anzi per affrontarli con convinzione!