“Non faremo la fine di Venezia” proclama la sindaco di Barcellona Ada Colau, bloccando le licenze per gli alloggi turistici, poiché “A Venezia i turisti hanno spazzato via gli abitanti”. Così Venezia, dopo essere stata nota in tutto il mondo solo per la sua abbagliante bellezza, adesso sta anche diventando suo malgrado emblema della criticità rappresentata da una delle più aggrovigliate problematiche civili portate dalla globalizzazione: come convivere con il farsi globale dei circuiti turistici e della comunicazione, che rischiano di cannibalizzare proprio ciò che tutti vogliono ammirare. Del resto, non a caso proprio Venezia è stata al centro del recente comitato Unesco tenutosi negli scorsi giorni a Istanbul, dove è stata fissata la data di febbraio 2017 per valutare se ci sono passi avanti nella soluzione di una questione che, lasciata allo spontaneismo sinora in voga, rischierebbe di far uscire la città lagunare dalla lista dei siti Unesco italiani.
Il dibattito sulla programmazione di flussi turistici cresciuti al di là dei confini nazionali non è urgenza solo italiana. Come detto, si riflette nella gestione dei siti Unesco. Ma è affrontato – di solito con la programmazione a numero chiuso – anche da città d’arte come Barcellona, siti naturalistici come le Galapagos o nell’isola di Port Cros in Costa Azzurra o le Seychelles, archeologici come Machu Picchu, o turistici come le Baleari. Ma solo in Italia tale dibattito, invece di discutere le soluzioni è ancora incardinato in una dinamica nella quale chi solleva il problema viene accusato di allarmismo e chi dovrebbe risolverlo in genere tende alla rimozione, con argomenti più o meno “sviluppisti” (lo sviluppo economico come idolo e unico riferimento delle proprie politiche, anche se consuma futuro e risorse non rinnovabili).
Non so se il numero chiuso è la soluzione più giusta per Venezia. Forse la sua bellezza merita da tutti noi, amministratori locali, società civile e politica nazionale, un sovrappiù di riflessione e elaborazione, per non penalizzare nessuno e cercare di far fruire al meglio e non solo ai privilegiati una tale meraviglia. Certo però è che mi sembra ora di aprire un dibattito serio – e dichiaro sin da subito la mia disponibilità ad operare come facilitatore – per esempio su una questione emblematica come le Grandi Navi, senza fughe in avanti ma nemmeno all’indietro. Sempre che vogliamo come Paese rimanere almeno al passo dell’isola greca di Santorini, che dal 2017 ha deciso non farà sbarcare più di 8mila croceristi al giorno.
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