Domani alcuni riconosciuti rappresentanti della cultura manifesteranno contro la riforma del Mibact voluta dal Ministro Franceschini, a pochi giorni dalla decisione del Governo di investire somme straordinarie nel patrimonio artistico.
Non voglio entrare nel merito della contrapposizione a mio parere sbagliata, tra tutela e valorizzazione: la mia passata esperienza come Presidente del Fai mi ha convinto che sono ambiti conciliabili, anzi l’uno non può prescindere dall’altro se lo spirito è quello dell’articolo 9 della Costituzione.
Vorrei invece, avendo la delega al paesaggio, limitarmi all’aspetto forse più controverso della riforma e cioè quello della tutela.
Il danno che è stato fatto a questa primaria missione del Mibact ha radici antiche e visibili nella cronica carenza di risorse e di strumenti con i quali i nostri funzionari svolgono la loro meritoria opera. A questo si è aggiunto un reticolo complesso e inefficace di norme figlie anche di un distorto concetto di federalismo che non solo non hanno impedito la devastazione del nostro paesaggio ma hanno reso spesso inefficace l’azione di tutela. Norme che non hanno visto eclatanti proteste da parte dei sostenitori della manifestazione di domani.
Oggi, se da un lato si sente più forte attraverso i molti comitati la voce di cittadini e di Sindaci attenti al territorio, dall’altro gli strumenti di cui dispone il Mibact non sono adeguati nemmeno dal punto di vista informatico per poter operare in modo efficace.
L’obbiettivo è quello di riportare la tutela ad essere un servizio al cittadino, prima di tutto perché il paesaggio è l’identità nazionale e la sua gestione è necessaria per un Paese con un territorio fragile come quello italiano: in questa direzione va la riforma, unificando e aumentando il numero delle Soprintendenze e limitando la dimensione del territorio di loro competenza. In questo senso va anche il lavoro costante dell’Osservatorio del Paesaggio, che tra gli altri ha l’obiettivo di promuovere i piani paesaggistici supportando l’opera delle Soprintendenze e della Direzione Generale, che oggi riunisce Belle Arti, Archeologia e Paesaggio.
In questa direzione va la necessità di operare anche in risposta al Decreto Madia che, pur rendendo meritoriamente più efficiente la Pubblica Amministrazione, obbliga il Mibact al rispetto di tempi (per fortuna aumentati dopo il passaggio parlamentare) e procedure non sempre compatibili con la complessità della materia paesaggistica.
Gli evidenti problemi di cui soffrono il patrimonio culturale e il paesaggio saranno sempre di più affrontati nel metodo e nel merito, perché la tutela non sia un concetto astratto ma sia anche valorizzazione: promuovere il turismo culturale, aprire ad una maggiore fruibilità dei musei e dei beni artistici e archeologici in un contesto paesaggistico sempre più deteriorato sarebbe una scelta inutile e di breve visione. C’è infine un rapporto stretto tra l’aumento del numero dei visitatori di un museo e la speranza che quegli “Esercizi di cultura” al centro dell’ultimo eccellente Convegno del Fai a Firenze siano in realtà preziosi semi che favoriscono la crescita culturale di chi li pratica e che domani sarà sentinella consapevole a difesa del bene comune.
Quindi ancora una volta il concetto di tutela e quello di valorizzazione si incontrano, affinché l’accesso alla Cultura non sia come è stato in passato un privilegio di pochi ma un diritto per tutti.
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