In questi giorni Emma Bonino si è più volte espressa sul dramma dei profughi dalla Siria e sulla condizione disumana di un intero popolo vittima di un vero e proprio genocidio: dal 2011, anno di inizio del conflitto, sono 470mila i morti, 1,9 milioni i feriti, la metà della popolazione siriana è sfollata e l’aspettativa di vita è passata dai 70 ai 55 anni. Questi i numeri di quello che ormai tutte le organizzazioni internazionali hanno definito il dramma dei profughi siriani. Emma Bonino si chiede “E l’Europa? Che cosa fa l’Europa?”
Mi è difficile, sebbene oggi le mie competenze siano altre, non riflettere su questi temi avendo per molti anni avuto rapporti stretti con il mondo della cooperazione internazionale in Africa. Mi è difficile, avendo la percezione della realtà di quegli assembramenti disumani che sono chiamati i campi profughi.
Mi è difficile anche perché sono nata in una generazione, quella degli anni ‘50, che ha creduto fortemente e con entusiasmo nell’Europa e nella vocazione solidale che era tra i principi costituenti di questa comunità.
Emma Bonino ha ragione: come è possibile che questa Europa smarrita e divisa non si renda conto che l’inadeguatezza di fronte a quello che sta succedendo in Siria, le divisioni dettate solo da una visione a breve termine della difesa dei propri confini sono segnali di un Europa debole, incapace di ritrovare le proprie radici costituenti, incapace di esprimere una linea almeno sulla questione umanitaria univoca ed efficace. Ho tante volte scritto di come mi parrebbe auspicabile che almeno alle donne e ai bambini profughi dalla Siria l’Europa garantisse un immediato asilo e il diritto ad un’assistenza sanitaria.
Si tratta, come dicono i dati, del 52% della popolazione siriana che sta fuggendo da quel Paese di macerie e di morte. Si tratta di 2 milioni di persone da accogliere in un continente che oggi ha una popolazione di oltre 600 milioni di persone. Questa decisione, che dovrebbe essere immediata salvo poi affrontare la vera questione politica e non militare derivante dalla deflagrazione di quel Paese, andrebbe presa subito: oltre che a salvare centinaia di vite umane sarebbe finalmente un segnale di rinascita per tutta l’Europa.
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