In questi travagliati momenti che stiamo vivendo, ognuno si improvvisa politologo, o peggio psicologo, capace di interpretare le complesse e imprevedibili personalità del presidente americano e di quello russo, anticipando le loro mosse: questo vociare disordinato e frastornante che invade i social e alcune trasmissioni serve solo ad alimentare posizioni estreme e dannose per capire la complessità del tempo che viviamo.

Partiamo dai fatti: il mondo è profondamente cambiato negli ultimi dieci anni non solo rendendo il peso dell’Europa economico e politico più modesto, ma anche molto più recentemente, dopo l’elezione di Trump, ponendo le istituzioni europee e i governi nazionali di fronte a una scelta difficile: quella di rafforzare la propria difesa militare sia collettiva che individuale di fronte all’atteggiamento rapace della Russia che si era già manifestato anni fa ma che non si era voluto vedere. Di fronte a questo cambiamento è facile dimenticare che cos’è l’Occidente: Europa e Stati Uniti sono l’Occidente, nonostante la fase che la politica americana sta vivendo. Altrettanto obiettivamente però va detto che nei confronti dell’America é l’Europa sicuramente il soggetto più debole: gli Stati Uniti sono più forti finanziariamente, tecnologicamente, dal punto di vista dell’autosufficienza alimentare, politicamente e soprattutto militarmente. Quindi il primo imperativo se si è veramente europei è quello, pur con le difficoltà che comporta trattare con l’amministrazione Trump, di mantenere solido e saldo il legame con gli Stati Uniti che tuttora rappresentano una grande democrazia e l’unico possibile alleato. La tempesta Trumpiana rischia di far molto più male a noi che al suo paese.

Il secondo obiettivo, ma richiede tempo, dovrebbe essere quello di rendere l’Europa più autonoma e forte e non solo attraverso un serio programma di sostegno alla propria difesa militare, ma anche attraverso un’azione congiunta che la renda più competitiva, tagliando i devastanti effetti della burocrazia e delle vincolanti regole e ponendo al centro della propria azione un forte rilancio economico non però ispirato allo sfrenato liberalismo degli ultimi decenni, ma a un “nuovo liberalismo”che corregga le storture degli ultimi anni causa di tante drammatiche lacerazioni sociali e della crisi del welfare state.

Sono nata europea, sono cresciuta col sogno di essere sempre più europea e mi rendo conto che al di là delle manifestazioni contestate e contestabili è il dovere soprattutto della mia generazione, essere esempio e testimonianza di quello che l’Europa può essere e deve essere senza la quale la democrazia occidentale sarebbe in serio rischio. Senza timidezza e senza ipocrisia.