GALASSO, INTELLETTUALE EUROPEO
“Quando muore un uomo – scriveva Karl Popper – è un intero universo a venire meno”. Essendo nota l’eleganza e quindi la riservatezza di Giuseppe Galasso, non so se la sua lapide avrà incisa qualche frase oltre le date (1929-2018) della sua lunga e davvero straordinaria vita di intellettuale. Ma se ci fosse, dovrebbe essere questa massima di Karl Popper. A cui io vorrei aggiungere una postilla: “…e se a venir meno è un europeista, gli universi distrutti sono due”.
La scomparsa di Giuseppe Galasso è infatti un doppio colpo per tutti noi. Per la qualità della sua figura di intellettuale. Non intellettuale arrogante, astratto e distaccato dalle vili cose del mondo, bensì uomo voglioso di immergersi e intervenire nel suo tempo, accanto ai propri simili, e magari con il loro aiuto. Sarebbe lungo descrivere tutte le diverse facce di questo impegno che era etico e civile, e dunque tutto politico. Mi basterà ricordare il suo impegno da politico per la tutela del nostro Paesaggio, dove gli è accaduto di essere così efficace e di felice intuizione da riuscire ad incidere nella pietra della nostra identità nazionale e così passare alla storia.
Se dunque oggi parliamo di Paesaggio come chiave di volta della nostra identità nazionale, come ambiente e contesto unitario nel quale siamo immersi, e non lo smembriamo più concettualmente in tante piccole perle isolate che poi inevitabilmente vengono vendute o impegnate al banco pegni nei ricorrenti tempi di magra o di opinione pubblica distratta, è perché esiste una Legge Galasso che dal 1985 costituisce un argine invalicabile alla distruzione del Paesaggio. Cosa prima possibile, perché nella pubblica opinione e nella politica non esisteva la concezione del bene comune “Paesaggio”, magari intangibile ma nondimeno vitale per tutti noi italiani. Forse non molti giovani sanno chi sia oggi Giuseppe Galasso, ma a lui dovrebbero mandare un silenzioso saluto quando si godono per esempio un tratto di costa o di spiaggia ancora non costruito o devastato dal cemento.
Ma oltre ad un intellettuale abbiamo perso anche un europeista, come solo un figlio dell’unica capitale europea che l’Italia abbia avuto può essere. Del resto, l’uno senza l’altro è raro in natura, e impossibile a darsi in chi si è occupato di patrimonio storico –artistico e di paesaggio. Perché esso nasce europeo, e prima degli stati nazionali. E perché la consapevolezza del suo valore è prima europea che nazionale. Basti pensare alla nuova cultura del Paesaggio, prefigurata da Galasso e radicatasi prima in Europa e poi arrivata negli ultimi anni finalmente anche da noi, grazie ad un ministro che aveva non solo la visione giusta ma ha anche potuto lavorare per qualche anno stabilmente.
C’è da augurarsi che le stesse condizioni si verifichino anche dopo le elezioni. Facendo vincere forze politiche che all’Europa guardano come ad un orizzonte e non ad un baratro. Altrimenti non solo avremo perso Galasso e la sua visione, ma rischiamo anche di fare dei passi avanti su un terreno che pensavamo fino ad oggi acquisito.