Un governo che non dura solo un anno – come è stato finora purtroppo, almeno di media, nell’Italia repubblicana – ma continua come questo oltre e addirittura verso i tre, può non essere una notizia positiva per i suoi detrattori, ma in ogni caso permette un’azione più incisiva – perché più continua – in molti campi. È il caso, per esempio, della Cultura, e specificatamente delle materie di ambito paesaggistico. Un ambito cruciale in un Paese come l’Italia – di cui ho da quest’anno la delega per il Mibact – ma la cui centralità nell’agenda nazionale è relativamente recente, e dunque dove molto c’è da fare e dove sarebbe più dannosa che in altri campi, un’interruzione traumatica dell’azione di governo.
Un’azione che comincia a dare i suoi risultati. Dopo due anni di lavoro, infatti, è stato finalmente varato, alla fine dell’anno scorso, l’Osservatorio Nazionale per la Qualità del Paesaggio. Un fatto che ha dato un notevole impulso al lavoro già avviato con il Governo Letta nella redazione e varo dei piani paesaggistici regionali. Nel frattempo, in Parlamento è in discussione la legge sul consumo di suolo, e già lo stesso fatto di discuterne è un fatto “rivoluzionario” nella cultura fintamente sviluppista ma in realtà cementifera e cementofila, che ha segnato il nostro territorio.
Di ieri, infine, un’altra buona notizia. Un altro passo verso una nuova cultura di governo del paesaggio nazionale. In Consiglio dei Ministri è stato approvato preliminarmente – e poi inviato alle Commissioni parlamentari competenti per un parere – un Regolamento che prevede 31 tipologie di interventi paesaggisticamente irrilevanti o di lieve entità non soggetti ad autorizzazione paesaggistica, e 42 tipologie di interventi di lieve entità sottoposti a procedura semplificata.
Che cosa significa? Che si cerca, per la prima volta, di entrare nel merito di ciò che deve essere oggetto di una meditata e seria azione di vaglio da parte di Soprintendenze e tutela, e ciò che invece non lo deve essere. Perché una piccola finestra di un casale regolare non deve assorbire tempo e risorse degli organi dello Stato come lo deve fare invece un manufatto abusivo, magari in un’area di pregio o peggio vincolata. Sono infatti proposti come interventi paesaggisticamente irrilevanti opere interne che non alterano l’aspetto esteriore degli edifici, opere di manutenzione che non alterano la sagoma dell’edificio, interventi comportanti occupazione temporanea di suolo pubblico o privato con strutture mobili (chioschi ecc.) al di sotto dei 120 gg; mentre sono proposti come interventi di lieve entità sottoposti a procedura semplificata, per esempio, interventi di arredo urbano o interventi per il ripascimento degli arenili.
Come presidente dell’Osservatorio Nazionale avevo sollecitato da tempo l’approvazione del Regolamento sulla semplificazione. Finalmente il risultato – grazie anche all’impegno del Ministro Franceschini – è stato raggiunto. Eliminando così in modo non trascurabile il carico di lavoro delle Soprintendenze che, in una situazione di carenza di organico, possono essere affrancate dai piccoli interventi innocui sotto il profilo paesaggistico e dedicando invece le proprie energie agli interventi maggiormente impattanti sul paesaggio nonché sulla pianificazione paesaggistica.
Forse un piccolo passo nella semplificazione amministrativa della Pubblica Amministrazione italiana, ma certo un grande passo verso un cambio di mentalità nel rapporto tra i cittadini e le istituzioni preposte alla salvaguardia del patrimonio culturale, in cui questo possa essere vissuto come una risorsa per lo sviluppo sostenibile e di qualità del nostro Paese anziché un superfluo appesantimento burocratico.
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