Lo voglio dire subito, e con chiarezza: con la nomina a ministro di Dario Franceschini, il Mibact è uscito da uno stallo di azione e pensiero che lo aveva appesantito da tempo. Il ministro attuale è uomo di esperienza politica, conosce i meccanismi dello Stato, ed ha voglia di fare. La mia esperienza precedente, dal FAI al terzo settore, trova con questo ministro un interlocutore su molti dei temi per i quali da anni mi batto.

Del resto, è con quest’ottica e queste lenti che guardo alla mia esperienza di governo. Per dare, se possibile, un contributo alla conservazione, tutela e valorizzazione del nostro patrimonio di beni culturali. E quando ciò non è stato possibile l’ho riconosciuto pubblicamente: basta andare a scaricarsi gratuitamente sul mio sito il libretto “Con la cultura (non) si mangia”, che ho scritto alla fine della mia esperienza come Sottosegretario nel precedente Governo.

É dunque con questo approccio che guardo ai cambiamenti in cantiere. Nel merito. E quando ho dei dubbi, ritengo mio dovere manifestarli, costruttivamente.

Il Decreto Cultura attualmente in discussione al Senato e già approvato alla Camera è sostanzioso e va ben oltre l’annuncio politico. Contiene una visione della cultura aperta anche ad altri soggetti come il terzo settore e i privati all’interno di un quadro normativo chiaro. Su questo punto, il primo del mio instant book, come su molti altri sono assolutamente favorevole. Sono anni che si parla di incentivi per coinvolgere anche altre risorse che non siano quelle pubbliche alla manutenzione del patrimonio nazionale. Sono anni che se ne parla con questo decreto il muro è finalmente rotto e si fa.

Ho invece un’unica e forte preoccupazione che ho chiaramente manifestato al Ministro sulla questione delle autorizzazione paesaggistiche. La semplificazione e la garanzia di maggior obiettività sono senza dubbi fini da perseguire, anche perché sono parametri più europei che stentano ad entrare nella cultura giuridica e amministrativa del nostro paese. Lodevole l’intento riformatore di introdurli anche nella legislazione dei beni culturali e della loro tutela. Siamo sicuri però che il mezzo più efficace per ottenere questi obiettivi sia l’istituzione di nuovi organi – nello specifico si propone una “Commissione di garanzia per la tutela del patrimonio culturale” – che aggiunge e non sostituisce, in un’organizzazione già molto complessa di un ministero che comunque è già presente sul territorio con strutture che tutti(all’estero) ci invidiano, quali le Soprintendenze? Del resto, la possibilità di riesaminare un provvedimento per sollecitazione anche  di un Comune è già prevista dalle regole generali sull’organizzazione dell’amministrazione pubblica. E un organismo così “pesante” – sacrosanto l’obiettivo di accorciare a dieci giorni e in modo davvero “perentorio” il rilascio del parere, ma forse occorre pensare meglio e più praticamente al “come”- riuscirà a fare quello che oggi le Soprintendenze non riescono a fare – per carico di lavoro, mancanza di organici, e mole di richieste – in 40? Oltre tutto, da dove possono venire quegli esperti funzionari “interni”– non potendo per ragioni di bilancio purtroppo prevedere le assunzioni che pure sarebbero necessarie, e da lungo tempo – se non dalle già sguarnite e fragili Soprintendenze?

Questi sono i miei dubbi oltre al fatto che ho poca fiducia nella  volontá di  gran parte dei Comuni di voler tutelare il territorio.Non mancherò di seguire con attenzione gli effetti di questa misura e invito a mandare commenti e suggerimenti. Perché la salvaguardia, la tutela e la valorizzazione del nostro patrimonio culturale non sono obiettivi in contrasto con l’esigenza di delegificare e semplificare la nostra pubblica amministrazione. Bensì sono parte integrante di questo stesso percorso di innovazione, europeizzazione e modernizzazione.

Adesso passiamo alla riforma del Ministero ieri annunciata. Per adesso sono dei punti quasi programmatici e certamente un approfondimento del testo definitivo andrà fatto prima di un giudizio completo. La mia prima impressione è che si tratti di una riforma coraggiosa che non solo risponde alle richieste dettate dalla spending review ma che razionalizza la distribuzione delle competenze, che vuole migliorare processi decisionali, includere ambiti sottovalutati nella precedente organizzazione e rendere la complessa macchina del Mibact più efficente.

Una riforma che dovrà presto chiarire il problema delle risorse e non solo una volta che i Poli museali saranno scorporati dei loro beni più visitati. Certo mi è dispiaciuto leggere su un giornale toscano “l’Acidini perde gli Uffizi”: il Polo museale fiorentino è un esempio virtuoso di ottima gestione e sono fiduciosa e spero che le competenze internazionalmente riconosciute della Soprintendente Acidini come per altro di altri dirigenti e funzionari che si sono dimostrati capaci ed esperti troveranno il meritato riconoscimento anche all’interno della nuova organizzazione.

In materia paesaggistica si dovrà chiarire quale organo per conto del Ministero porterà avanti il rapporto con le Regioni per i Piani Paesaggistici e quali effetti sull’efficacia dell’azione delle soprintendenze avranno gli accorpamenti previsti delle stesse,per altro già attuati in alcune Regioni.

Quindi ci sono certamente delle domande che a breve dovranno avere delle risposte in una formulazione della riforma più dettagliata ma ciò non toglie che in un momento nel quale si cerca di “cambiare” il nostro Paese non era pensabile che un ambito così determinante come quello dei beni e delle attività culturali e del turismo non facesse la sua parte!

 

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