Il disastro che ha portato in Sardegna gravi lutti e ingenti danni riporta di nuovo, ancora una volta, al centro della nostra distratta attenzione il problema della tutela e della messa in sicurezza del nostro territorio e del suo paesaggio. Quando il tempo è bello e il territorio non è sotto sforzo, questo tema viene considerato una fissazione di pochi elitari originali e in sostanza una preoccupazione e uno scrupolo infondati e perfino fastidiosi perché costituirebbero in definitiva un ostacolo allo sviluppo e al progresso economico. Questo perché tale sviluppo viene concepito e misurato in metri cubi di cemento e non in qualità e offerta di qualità della vita. Quando però il territorio subisce la pressione degli elementi, allora i fragili equilibri su cui abbiamo costruito le nostre false sicurezze e certezze saltano, e gli occhi si riempiono di costernazione e dolore.
Proprio in Sardegna, la recente revisione del Piano Paesaggistico Regionale portata avanti dalla Giunta Cappellacci, a più riprese e pubblicamente contestata dal Ministero dei Beni Culturali, va nella direzione dello smantellamento del sistema di tutela del territorio quando invece, anche alla luce dei tragici eventi attuali, appare particolarmente importante la tutela delle coste marine e degli arenili, la cui privatizzazione, anche parziale, potrebbe aggravare la pressione edilizia su queste aree particolarmente fragili del territorio con pesanti conseguenze.
Il nuovo piano approvato dalla giunta Cappellacci prevede infatti un allentamento del grado di tutela sia per la costa marina sia per altre zone di particolare pregio paesaggistico, quali i centri storici o i corsi d’acqua pubblica, e integra al suo interno modifiche sostanziali di molte zone anche fortemente tutelate attraverso demolizioni di piccoli fabbricati agro-pastorali preesistenti per successive ricostruzioni con forti aumenti di cubatura e accorpamenti di volumetrie con sagome del tutto dissimili.
Da qui l’intervento del Ministero dei Beni Culturali, che aveva chiesto di bloccare l’irrituale e irregolare approvazione preliminare del Piano paesistico della Sardegna compiuta lo scorso 25 ottobre dalla Giunta Cappellacci ed ora ha impugnato davanti alla Corte Costituzionale ben tre leggi regionali: il secondo piano casa (21/2011), la legge sullo sviluppo del Golf (19/2011) e la legge riguardante gli usi civici (19/2013). Al di là del vizio di forma e di procedura nell’approvazione del Piano, era a tutti ben chiaro che il territorio sardo aveva e ha la necessità di essere maggiormente tutelato e non maggiormente sfruttato. Purtroppo i tragici eventi di questi giorni lo confermano.
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