Almeno, per il momento, il Governo è salvo e si può continuare a lavorare per l’uscita dalla crisi in cui il Paese è sprofondato.
Dopo le schermaglie parlamentari e le derive personalistiche di molti, e di Berlusconi prima di tutti, dobbiamo ritornare ad occuparci di contenuti, evitando di disperdere i risultati ottenuti e di compromettere un’azione di risanamento e di rilancio che è costata molto ai cittadini ma che ha permesso al Paese di non fallire, soprattutto durante la prima fase del Governo Monti.
Per me, ciò significa ripartire dalla mia attività di sottosegretario e quindi dalle deleghe che mi sono state affidate, tra le quali la tutela del paesaggio.
Dall’esperienza maturata in questi mesi, infatti, ho potuto constatare che pur essendo la tutela dei beni culturali e del paesaggio materia esclusiva dello Stato, come recita l’art. 9 della Costituzione e come hanno più volte ribadito le sentenze della Corte Costituzionale, l’efficacia dell’azione ministeriale è inficiata dalle continue modifiche che subisce la pianificazione urbanistica, che regola la destinazione d’uso dei suoli.
Tale materia è stata totalmente trasferita alle Regioni nel 1977: chiamerei questo un effetto negativo di un federalismo sbagliato e superficiale.
Si è così verificato che gli Enti locali di fatto hanno potestà assoluta di intervenire sulle modifiche spesso sostanziali all’aspetto del territorio senza che lo Stato possa rispondere in modo efficace e tutelare così il prezioso patrimonio paesaggistico e culturale del Paese. Troppo spesso, infatti, le motivazioni che spingono gli Enti locali ad approvare varianti ai piani regolatori esistenti, anche a distanza di pochi anni da quelle precedenti, sono assai divergenti dagli interessi generali della tutela.
La modifica del Titolo V della Costituzione, inoltre, ha introdotto ulteriori motivi di incertezza in merito alla attribuzione delle competenze in materia di gestione del territorio, anziché favorire una integrazione armonica delle norme.
Come difendere dunque il paesaggio italiano, che è il profilo stesso della nostra identità nazionale? Penso sia necessario, da questo punto di vista, prendere atto di alcuni fallimenti e velleitarie fughe in avanti, che vanno sanate. Riordinando la materia del titolo V, il che ovviamente implica una modifica della Costituzione: federalismo non può voler dire legare le mani allo Stato, che comunque deve poter avere gli strumenti per tutelare il patrimonio collettivo. Casi come quello di Assisi o di Tivoli, dove si trova la bellissima Villa Adriana, o della regione Campania sono emblematici. Quindi rimettersi al lavoro per me significa prima di tutto cercare di contribuire sia in sede di proposte per la riforma del Codice dei Beni Culturali sia intervenendo in casi diretti per ribadire un principio che è quello della tutela del paesaggio e degli strumenti per esercitarla.
Se infatti non fermiamo questa deriva, che da una parte impedisce una vera valorizzazione dei beni culturali e dall’altra distrugge un bene collettivo come il Paesaggio, rischiamo di perdere oltre che la nostra identità anche una possibilità di sviluppo turistico.
Un’opportunità alla quale non possiamo rinunciare.
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