Un recente articolo di Caterina Soffici su “il Fatto Quotidiano”, che citava l’esempio di Londra come perfetta convivenza tra pubblico e privato nella gestione dei beni culturali attraverso un sistema di regole chiare e trasparenti, ha riacceso l’interesse su un dibattito ormai ricorrente e che in questo blog e sui mass media ho affrontato spesso e con dovizia di particolari.

Londra e Parigi non sono l’Italia, dice qualcuno. Facile tutelare pochi monumenti e valorizzare due musei dove in Italia abbiamo centinaia di beni artistici, archeologici, culturali e museali sparsi su tutta la penisola, dicono altri.

Sicuramente esistono poi delle differenze di scala e di potenziali sostenitori, ma siamo poi sicuri che se creassimo le condizioni favorevoli per chi dona fondi a progetti e iniziative culturali – attraverso legittime agevolazioni fiscali e con l’allentamento o la rimozione degli ostacoli procedurali, burocratici e giudiziari – non troveremmo mecenati pronti a ridare linfa al nostro patrimonio storico e artistico?

Con il vantaggio che un sistema di regole semplice e trasparente avrebbe anche l’effetto non trascurabile di eliminare, anche all’interno del settore pubblico, la sequela di interpretazioni, ricorsi e odissee giudiziarie che bloccano sul nascere qualsiasi slancio e allontanano potenziali investitori e partner per il rilancio del nostro sistema culturale. Della Valle in una recente intervista, rilasciata al termine della “vicenda Colosseo”, ha ammesso di aver sconsigliato a chiunque gli abbia chiesto informazioni sul nostro Paese di investire o di mettere a disposizioni fondi (senza ricevere nulla in cambio) per i nostri beni culturali.

Non ci resta quindi che assistere impotenti al crollo dei simboli della nostra cultura e della nostra identità in nome di una visione “ideologica” dei nostri beni culturali? Invito a tal proposito a leggere il centratissimo editoriale di Pierluigi Battista su “il Corriere della Sera” di oggi, che descrive e sintetizza una situazione di stallo e di difficoltà nell’apertura ai privati, spesso per mancanza oggettiva di condizioni ma altrettanto spesso per barriere ideologiche e burocratiche.

Barriere che dobbiamo abbattere per il bene del nostro patrimonio culturale e per il futuro del turismo nel nostro Paese. E dobbiamo farlo subito.

 

LEGGI L’ARTICOLO DI CATERINA SOFFICI SU “IL FATTO QUOTIDIANO”

 

 

LEGGI L’EDITORIALE DI PIERLUIGI BATTISTA SU “IL CORRIERE DELLA SERA”