DIRITTI UNIVERSALI E DIRITTI PARTICOLARI

7 12 2016 | Opinioni e interventi

Sin da quando sono stata nominata Sottosegretario ho preso come preciso impegno di tenere alta l’attenzione su alcuni particolari temi. Capaci di racchiudere in sé un’idea più moderna e progressiva di come tutelare, rilanciare e valorizzare il nostro assai vasto patrimonio storico-artistico. Che dunque fossero adatti a coniugare civiltà e sviluppo, in senso non solo civico ma anche economico.

Il tema dell’accessibilità, oggi dibattuto nel convegno “Cultural Heritage. Fruizione e Formazione: progetti per l’accessibilità al Patrimonio culturale e alle Strutture turistiche” da me introdotto nella Sala Spadolini del Mibact, è – insieme ad una nuova cultura del paesaggio – uno di questi.

L’accessibilità è infatti oramai imprescindibile come tema di eguaglianza dei diritti in una società che ambisca a definirsi “moderna”. Ma non ha solo questa pur importante dimensione qualitativa. Ha anche una dimensione quantitativa, legata ad un modello di sviluppo che punti a fare del nostro patrimonio storico-artistico finalmente non solo la cifra della nostra identità nazionale, ma anche il volano di uno sviluppo sostenibile. Di conseguenza legato anche al settore del turismo. Perché non è certo possibile favorire i grandi numeri – e dispiegare tutte le potenzialità del nostro “museo diffuso” in tutte le sue innumerevoli località, e non solo nelle poche località oramai in procinto di essere sommerse da un turismo internazionale sempre più “mordi e fuggi”, – se non si promuove una cultura dell’accessibilità capace di includere tutti i potenziali visitatori e amanti del nostro paese.

Del resto, l’accessibilità è oggi sempre più un indicatore dell’accoglienza e della sua qualità. Un indicatore che poi funziona o meno da attrattore per tutto il turismo e per rilanciare o meno il nostro paese come capace di dare sostanza a quel diritto alla cultura che tutti a parole definiscono universale, ma su cui pochi poi lavorano per renderlo davvero tale.

Per quanto riguarda il Mibact, posso dire con orgoglio, non è così. Il convegno di oggi, tenutosi in preparazione della Giornata Internazionale dei Diritti delle Persone con Disabilità del prossimo 3 dicembre, è infatti solo l’ultimo passo di un percorso che questo Ministero ha cominciato nel 2008, quando il Mibact ha elaborato delle linee guida per l’accesso dei disabili alla cultura, e primo in Europa ha incardinato questa normativa tecnica in un vero e proprio decreto ministeriale. Mostrando così non solo volontà di fare ma anche competenza, per esempio aggiornando una concezione della disabilità che prima era incentrata solo sui limiti motori ed ora è stata estesa anche difficoltà cognitive e a quelle percettive e sensoriali. Attrezzandosi così a superare meglio gli inevitabili e numerosi ostacoli che nascono quando si cerca praticamente di realizzare un progetto di accessibilità in un patrimonio come quello italiano, segnato dal fatto che i nostri luoghi della cultura sono per lo più in edifici storici. E dunque integrando addirittura nel Codice dei Beni Culturali il fatto che, a parità di tutela, sia da scegliere la strada che favorisce il superamento delle barriere, come valore da porre accanto a quello delle semplice tutela come in precedenza.

Si tratta di una strada fruttuosa. Perché non solo amplia la platea di coloro che possono accedere al diritto alla cultura, ma innova in modo più moderno la stessa concezione e impianto dei suddetti diritti. Una strada che spero sarà perseguita anche da chi dovesse raccogliere il lavoro sin qui fatto con passione e abnegazione, e che – statene certi – anche da diverse sedi e funzioni continuerà a dare il suo contributo in questo senso.

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